Ada

Il caso

Alla seconda lezione nell’aula 211, Nuccio e Antonello arrivano con un quarto d’ora d’anticipo per prendere i posti a sedere, i primi nella fila cui la settimana scorsa sedeva la ragazza dal color dell’ambra. Il professore, dispiaciuto per il ridotto numero di persone, accenna una battuta circa la segreteria che nessuno coglie, per poi, serio, conversare con una ragazza che, alta nel suo cappello a cilindro, prende il posto lasciato libero in attesa. Nuccio sa che quel cappello chi stava aspettando non l’avrebbe mai indossato, e pensa di saper fin troppe cose di lei seppure non si siano mai presentati. In metro, assorto nel capitolo di cui il professore aveva assegnato la lettura, nota che Antonello ha più volte sottolineato con la penna il significato di “noumeno”, e osservando le persone appena salite alla fermata, crede sia un peccato dipendere dalle proprie sensazioni al punto da non riconoscere nessuno indipendentemente da se stessi. La contraddizione per cui persino lui potrebbe essere un altro da chi crede di essere, lo riconduce a così tante contraddizioni che, lungo la strada di casa, stropiccia gli occhi per cancellare la possibilità del caso e i pensieri che gli si accavallano nella mente. Quando da bambino guardava i giochi di magia su Italia 1, si chiedeva come fosse possibile che il prestigiatore riuscisse a far scomparire il latte nella carta da giornale arrotolata o a liberare in volo una colomba dal cilindro dapprima indossato sul capo, e non volendosi arrendere alle soluzioni ignote di eventi così noti a tutti, restava a guardare le repliche sino all’ora di cena. Adesso, sul divano, con ancora i vestiti addosso a fissare lo schermo spento del televisore, è come se non si sentisse più un telespettatore, ma la stessa colomba. Anzi, una piuma di quella colomba che, lasciata libera a vorticare nel vuoto, non si domanda più il perché del cilindro né il perché del becco, ma il perché del vento. Il vento potrebbe condurla s’un cumulo di foglie, s’una superficie d’acqua o s’una punta d’inchiostro. Il bianco di quella piuma potrebbe cambiare colore al punto da non riuscire più a riconoscere le ali su cui ha viaggiato ma soltanto la destinazione cui è capitata. La ragazza dal color dell’ambra avrebbe smesso di essere “noumeno” il giorno a venire, dopo essersi avvicinata con un bicchiere di Arnold tra le dita magre a chiedere, per caso, quale sia la biblioteca della Ghiacciaia.
Il caso si chiama Ada.