29 Aprile 2021

CATEGORIA: Racconto

L’Apocalittico

[caratterizzato da catastrofi e sim.:una vicenda a.]  catastrofico, disastroso, rovinoso]

 

Una volta, verso il crepuscolo, mentre uscivo affaticato dal lavoro, meditavo sopra uno strano, strano codice per accedere alla Rete. La testa, grave e assorta, non si reggeva quasi più sulle mie spalle, quando all’improvviso fui destato dalle sirene di una camionetta dei vigili del fuoco diretta verso Zara.

Guardai in quella direzione e la vidi.

Viola.

Mi guardava, dall’alto del suo metro e cinquanta. Mi fissava con occhi violacei artificiali e sorrideva con un canino molto marcato. Fu un attimo e si diresse in mezzo alla folla che camminava quella sera.

La seguii. Sei ore a mezzanotte.

“Come va, Carlo?” sorrise lei, immettendosi in una stradina laterale e girandosi.

“Cosa ci fai qua?”

“Sono venuta a salutarti, mi manchi e sentirti solo sulla Rete non mi va.”

“Niente incontri dove potrebbe vederci, ricordi le regole?!”

“Sì, ma volevo vederti.”

Il viso giovane era tempestato di lentiggini e i suoi capelli erano neri come un corvo. Mi prese per mano, voleva essere in qualche modo dolce nonostante non potessimo vederci.

“Verrai al mio compleanno?”

“Come faccio, c’è tua madre. Ci sono persone, c’è lo Stato.”

“Faremo una festa tra di noi”, disse toccandomi la spalla.

Impallidii.

In principio volevo solo una storia clandestina, mi annoiavo e avevo soldi da spendere. Giravo la Rete, lontano dagli occhi indiscreti di mia moglie, in cerca di compagnia, fosse stata anche solo un’accompagnatrice. Quando finalmente trovai la donna giusta, ci accordammo per vederci a casa sua.

E fu lì che conobbi Viola.

Sua madre uscì di casa per un imprevisto, probabilmente un incidente a qualcuno di caro, e rimasi solo con Viola. Probabilmente nemmeno desideravo quel qualcosa da lei, giusto la sua presenza. Dire che mi abbia stregato è poco. L’estetica, la bellezza e il pericolo. Lo sto veramente facendo, mi domandai. Sto veramente tradendo mia moglie?

Sua madre tornò tardi; ci trovò sul divano. Ovviamente avevamo pulito tutto, calmato gli spiriti e ci eravamo seduti uno a distanza dall’altra. Dopo che ci ebbe salutati, appena si girò di spalle per riporre il cappotto, Viola mi baciò.

Non rividi più quella donna, tanto avevo il contatto di Viola sulle Reti Sociali.

Cinque ore a mezzanotte.

Riposi la ventiquattrore sotto al tavolo del ristorante. Il cameriere ci scambiò per un padre divorziato con la figlia, pensando, probabilmente, che fosse il classico momento in cui la madre si libera di ogni responsabilità per avere dei momenti liberi.

Viola si versò un calice di Moët Chandon. La guardai irritato.

“Cosa ti ho detto? Non puoi bere, mantieni il tuo ruolo.”

“È solo champagne…” disse lei inumidendosi le labbra.

Volevo baciarla. Ma sarebbero stati almeno cinque anni a San Vittore.

Le osservai a lungo i capelli, in particolare una ciocca verdognola, e mi chiesi se l’avesse tinta apposta per me. Ammiravo i suoi capelli e, intanto, guardavo oltre per controllare che non arrivasse un collega.

Poi vidi lei, Manuela.

Mia moglie da più di quindici anni, entrare con un alto ragazzo biondo.

Manuela era sdraiata sul divano, osservava a occhi chiusi la televisione che proiettava un brutto film.

Entrai cercando di non svegliarla, ma si alzò di scatto e arrivò all’entrata.

“Sei in ritardo.”

“Il lavoro…”

“Dove sei stato?”

“Lavoro fino a tardi, lo sai, gli uffici della Damasco sono lontani poi.”

“Non me la bevo. Tu hai un’altra” urlò e mi mollò uno schiaffo.

“Che cazzo, stai calma!” urlai io.

“Ma non mi interessa, sono mesi che questa storia è la solita minestra… e tu sei solo uno stronzo!” scoppiò a piangere. Io guardai dietro di lei.

Mauro si era svegliato e stava venendo a controllare cosa stesse succedendo.

“Perché state litigando?” esclamò lui, con voce infantile.

“Nulla… torna a dormire, sono cose da adulti.” Mi accovacciai per arrivargli al viso.

Mia moglie interruppe il tutto.

“Dillo anche a lui se hai il coraggio!”

“Cosa dovrei dirgli?”

“Che ci stiamo separando!”

“Ti stai separando quindi?” domandò Viola, abbracciata a me dietro un locale.

“No, non penso, mia moglie è solo isterica.”

Quattro ore a mezzanotte.

“Penso sia una cosa comune delle donne di quell’età, pure mia madre lo era quando si separò da mio padre.”

“Siamo dovuti uscire dal locale, spero non ti abbia dato fastidio.”

“Succede, Carlo, succede…”

“Chissà chi era quel biondo.”

“Si starà rifacendo una vita dopo di te.”

“Non penso, magari è una sorta di investigatore coniugale.”

Mi strinse più forte. Quasi sentivo il suo cuore battere sul mio.

“Qualsiasi cosa accada, hai fatto solo scelte giuste.”

Solo scelte giuste.

Camminammo lungo i Navigli. Due ore a mezzanotte.

Lei portava scarpe col tacco, così da sembrare più grande.

Mi sentivo normale con lei al mio fianco, il mio corpo era rilassato e sentivo la sua mano sulla mia, calorosa e ben stretta. Sentirmi così mi faceva abbassare la guardia.

Il suo trucco era lieve. Così lieve da farmi perdere lo sguardo nei suoi occhi artificiali.

La strinsi a me. Se avessi avuto una di quelle fotocamere oculari avrei potuto immortalare il suo sguardo. Che si faceva sempre più caloroso.

Finché non si sentì uno sparo.

Un sordo sparo nel buio dei Navigli.

La gente vicino a noi scappava. Gli occhi di Viola si spensero. Divennero neri.

Il sottile confine tra le mie vite si era ufficialmente spento.

Un biondo, alto e spallato, si fece strada tra i fuggitivi.

Iniziai a correre.

Un’ora a mezzanotte.

Un proiettile mi attraversa da una parte all’altra il cranio. Il cervello cola come il sangue dalle orecchie. Non sento nulla.

Il biondo fotografa il mio cadavere, fa qualche gesto sul palmare e mormora qualcosa.

In lontananza si sentono delle sirene.

Dopodiché vedo la sua figura farsi sempre più distante.

Lascia un commento