30 Aprile 2021

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Confini sicuri

I confini sono visti come muri, fisici o mentali, che devono essere superati per poter migliorare se stessi e il mondo che ci circonda. Muri che ci separano dalla felicità di cui siamo alla costante ricerca. Però non hanno sempre avuto un’accezione negativa: secondo gli antichi romani, i confini sono limiti sicuri, entro i quali è possibile vivere spensierati la propria vita, lontani dalle minacce esterne. Altri popoli antichi vedevano nelle limitazioni un aspetto sacro, come testimoniano i kudurru, ovvero le “pietre di confine” in Mesopotamia, o il doppio ruolo di Ermes per i Greci, che oltre a messaggero degli dèi era anche il dio protettore dei confini. 

Roma aveva tre figure religiose legate ai confini: il dio Termine, il dio Giano e il pomerio.

Il culto di Termine era uno dei più antichi e affermati. Il mito racconta che, durante la costruzione del tempio di Giove, le numerose divinità delle cappelle che si trovavano sul luogo scelto accettarono di ritirarsi per fare spazio al signore degli dèi, ad eccezione di Termine, che si rifiutò di abbandonare la città. Questo fu visto come segno di buon auspicio: poiché Termine fu capace di opporsi alla volontà di Giove, venne predetto che i confini di Roma non sarebbero mai receduti. In suo onore, l’ultimo giorno dell’anno nel calendario antico, il 23 febbraio, venivano celebrati i Terminalia, la festa delle pietre terminali.

Giano era il dio delle porte e degli inizi, sia materiali che immateriali. Il suo culto non è riconducibile alla mitologia greca ed è una figura prettamente italica, nata in un periodo precedente a Roma. Solitamente raffigurato come bicefalo e per questo conosciuto come Giano Bifronte, aveva il potere di vedere il passato e il futuro e aveva il compito di custodire i passaggi, le porte e i ponti, di cui custodiva entrata e uscita contemporaneamente grazie ai suoi due volti

Il pomerio era il confine sacro e inviolabile della città di Roma. La fondazione delle città latine ed etrusche seguiva un rigido insieme di riti di buon auspicio che si concludevano con il tracciato di due solchi a delimitare i confini della città. Nel pomerio i sacerdoti confinavano fantasmi, spettri, demoni della guerra, carestia, pestilenza e di ogni altro aspetto negativo; qui non si poteva costruire, abitare, coltivare, né passare, tanto che le porte della città erano escluse dal pomerio. A causa delle limitazioni che ciò causava sull’uso dello spazio urbano, spesso si ricorse a un espediente pratico: far coincidere con esso le mura della città. In tal modo era più facile far rispettare i divieti, oltre che attribuire alle mura stesse una caratteristica di sacralità. Secondo la leggenda, Romolo uccise Remo poiché, nell’attraversare il solco che stava tracciando, profanò il territorio della città; il messaggio trasmesso era forte e rassicurante per tutti gli abitanti, oltre che un monito per i nemici: “sarà punito chiunque attenti alla città e ai suoi abitanti”.

 I nostri antenati così ci insegnano che bisogna saper guardare il mondo sotto ogni suo aspetto: esistono muri che ci rinchiudono, che limitano la nostra libertà e devono essere scavalcati, così come esistono confini sicuri che offrono riparo e ci permettono di vivere in sicurezza.

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