Il mondo della droga durante la pandemia globale

Cambio delle abitudini

Il mercato delle nuove sostanze psicoattive, nato su internet, commercializza droghe grazie al camouflage in profumatori ambientali, sali da bagno, semi da collezione, prodotti fitosanitari, ecc. Lo scenario, suffragato dai dati provenienti dalle forze dell’ordine, fa supporre che l’allarme per l’epidemia da COVID-19 abbia facilitato la crescita della domanda di droga attraverso il web o gli applicativi informatici. Durante la pandemia globale la vendita di droga online è aumentata, il dark web è stato il veicolo di smercio più efficace.
Ma ci sono anche consumatori che si sono affidati a sistemi più intuitivi. Il colonnello Giovanni Reccia, a capo del nucleo frodi tecnologiche della Guardia di Finanza spiega che «sui Social Network la vendita di sostanze stupefacenti ha le medesime caratteristiche del dark web, poiché molti venditori dei Black Market sono attivi anche su Telegram, WhatsApp o Instagram. C’è uno stretto connubio tra le due componenti. La differenza sta nelle maggiori quantità che possono essere vendute nel dark web, rispetto alle singole dosi spacciate sui social. Inoltre nei social, c’è una maggiore velocità relazionale».
Per quanto ci siano stati tanti consumatori che non hanno potuto fare a meno di assumere sostanze stupefacenti, ce ne sono stati altri che hanno agito diversamente. Per esempio il comparto del delivery di cannabis light ha quintuplicato le consegne nei mesi di quarantena. Droghe e Carcere al Tempo del Coronavirus undicesimo libro bianco sulle droghe, riporta che un’importante quantità di consumatori abbia fatto a meno di recuperare sostanze stupefacenti a scopo ricreativo. Si sono quindi ridotti drasticamente l’uso e la vendita di sostanze stupefacenti.

Com’è stata affrontata la tossicodipendenza?

In Italia, i Ser.D (Servizi per le dipendenze e alcol-dipendenze) si sono preoccupati di salvaguardare la salute dei tossicodipendenti: soggetti che erano, e rimangono, tra i più a rischio in questa emergenza sanitaria. Ad esempio, i consumatori con disturbi da oppioidi hanno un sistema immunitario particolarmente debilitato, e sono più vulnerabili alle infezioni virali e batteriche.
I professionisti che lavorano nei servizi sociali credono di aver impedito a pazienti con disturbo da uso di sostanza di contrarre il COVID-19 e, soprattutto, di diffondere il contagio. Nei Ser.D è stato invece difficile continuare il lavoro normale, ovvero seguire un percorso di cura con i pazienti, proprio per evitare la diffusione del virus. Durante il lockdown le condizioni psicologiche di diversi tossicodipendenti si sono aggravate, e persone che erano già a rischio prima della quarantena, hanno sviluppato dipendenze patologiche.
In Francia il professor Benjamin Roland -professore di psichiatria e tossicologia, responsabile dei servizi ospedalieri universitari di Lione- ha visto arrivare nei suoi reparti circa il 50% in più di utenti, dopo il lockdown, a fronte di una curva incrementale che generalmente si aggira sul 15-25% annuo.

Di Giovanni Dal Toso

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono contrassegnati *